L’ulivo è stato sin dall’epoca romana fino ad oggi il simbolo della regione Puglia. Ne è, nonostante lo spiacevole deturpamento del paesaggio causato dalla Xylella negli anni recenti, il simbolo caratterizzante. Quel simbolo che non è riducibile alla sola apparenza estetica che porta con sè e che lo rende forse uno degli alberi più belli della zona, ma è molto di più. L’ulivo ha saputo segnare il passo della storia economica di una regione che ancora oggi vive largamente di agricoltura, detenendo pregevoli primati sia nel campo dell’olivicoltura stessa, quanto nel settore della produzione di pomodori. Detto questo, vogliamo oggi spendere due parole sul trappeto, fulcro e luogo emblematico delle vicende umane che per lungo tempo hanno gravitato attorno alle attività connesse alla produzione olearia. Vi raccontiamo dunque qualche curiosità sul tema. Buona lettura!

Frantoio Ipogeo

In principio fu il trappetus. E prima ancora?

Nel trappeto si lavorava intensamente da novembre, tempo della raccolta delle olive, sino a maggio. Noto anche con il nome di fattoio o frantoio oleario, il trappeto era il protagonista dell’economia agricola pugliese già nel XVI secolo. I romani chiamavano trappeto (dal latino trappetus) il macchinario in uso per la frangitura delle olive, detta anche molitura, ovvero la prima e grossolana frantumazione delle olive. Solo dopo, le olive passavano sotto il torcularum, ovvero il torchio.

Cavar l’olio con le mani: un’abitudine ancor viva in Albania

Pensate, però, che se i primi trappeti intesi come tali fecero la loro comparsa intorno al 1500, prima ancora l’olio si faceva eccome. Ma in un modo del tutto diverso. Si usava, ai tempi, “cavar l’olio con le mani”. Questo significa che, senza usare alcun tipo di attrezzatura, si spremeva la polpa delle olive proprio con le mani. Ancora oggi, in Albania, vi sono zone nelle quali (complici le difficoltà economiche e le scarse possibilità di reperimento delle attrezzature per la produzione dell’olio) si spreme l’olio con le mani. Per farlo ci si aiuta con acqua calda e con appositi recipienti. L’olio poi viene a galla, e si separa in un piatto.

Trappetari come uomini di mare…

Frantoio Ipogeo

Al trappeto lavoravano i trappetari, detti anche fattoiani, ma il ruolo più prestigioso era quello di nachiro o nocchiero del trappeto. Vi starete domandando il motivo di questo termine mutuato dal linguaggio marinaro. Il nocchiero non è forse chi governa una nave? E cosa c’entra il mare con la produzione dell’oro verde di Puglia? E’ presto detto. Chi partiva per lavorare al frantoio, si assentava da casa per diversi mesi, proprio come si stesse per imbarcare in una nave…era un lavoro duro ed impegnativo. Si scendeva in frantoio da nocchieri o da marinari (non dimentichiamo che i frantoi erano ipogei, cioè sottoterra) e si “riemergeva”, per così dire, in aprile o maggio. Faceva eccezione solo un giorno, l’Immacolata Concezione.

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Trappetari in inverno, pescatori in estate ….

Ma non solo. La maggior parte dei trappetari, da aprile-maggio fino a novembre, non stava con le mani in mano, naturalmente. Erano pescatori, ed ecco dunque nuovamente spiegata l’origine “marinara” di tanti vocaboli ed appellativi in uso presso i trappeti.

Il trappeto, tutti a bordo!

Insomma nel trappeto ci si imbarcava nel vero senso della parola. All’interno del trappeto si viveva 24 ore al giorno. Vi si trovavano semplici alloggi dove coricarsi la sera, latrine, stalle per gli asini (non dimentichiamo che la macina veniva fatta girare proprio dagli asini), e non poteva mancare il pozzo per l’acqua.

Il trappeto a grotta o frantoio ipogeo: un pò di storia

Alcuni tra i più antichi trappeti che si trovano ancora oggi in Sicilia ed in Puglia, nacquero dalla “riconversione” per così dire degli antichissimi granai di epoca messapica, così come di cripte risalenti al periodo bizantino. E fu proprio grazie ai bizantini che gli abitanti di queste terre ebbero l’intuizione di abbandonare la coltivazione del grano e di dedicarsi massicciamente all’olivicoltura. Si pensi che da allora in avanti il trappeto è diventato davvero il protagonista di questi territori, tanto che nel 1800 circa questi edifici architettonici rurali furono censiti, e se ne contarono oltre mille nella sola terra d’Otranto!

Datazione dei trappeti o frantoi ipogei

La maggior parte dei frantoi ipogei è databile tra l’XI secolo (MedioEvo, dunque) ed il XVIII secolo. Un periodo storico molto lungo, dunque, durante il quale si sono avvicendate realtà differenti, che hanno visto protagonisti feudatari, contadini, intere famiglie. Insomma, mentre la realtà socio politica pugliese si evolveva, i trappeti rimanevano lì, a tenere in piedi l’economia di una terra che ancora oggi deve davvero molto alla produzione di questo straordinario oro verde. Dal XIX secolo in poi i trappeti cominciarono a riemergere dal sottosuolo, sino a diventare semi ipogei e poi elevati.

Perchè sottoterra, dunque?

I frantoi erano dunque sotterranei, e perchè proprio sotterranei? I motivi sono diversi. Perchè era più comodo versare le olive raccolte dall’alto verso il basso; perchè già in epoca medievale l’olio era considerato un oro verde, quindi vi era un’esigenza difensiva, e perchè sottoterra si aveva una temperatura sempre fresca e costante, ideale per l’estrazione dell’olio.

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Ma nei secoli scorsi l’olio era davvero così buono?

La risposta è no. La cultura dell’olio extravergine e della costante attenzione nei confronti di tutte le fasi produttive è relativamente recente. Pensate che fino all’Ottocento, i contadini dicevano che l’oliva “più pende, più rende”. Quindi ci si attardava ad eseguire la raccolta. E non solo: dopo la raccolta, le olive venivano accatastate in grotte di tufo per un bel pò di tempo, nella convinzione (anche questa sbagliata), che più le olive stanno al caldo, e più saranno produttive. Insomma, questi due dettagli vi fanno capire che l’olio che si produceva (seppur con tanta fatica) era tendenzialmente rancido.

Olio buono? No, olio lampante!

Non a caso non si trattava di un olio capace di generare un indotto sul fronte alimentare. Al contrario, l’olio in questione soprattutto nel XVII secolo, si usava come olio lampante, ovvero come olio per accendere le lampade tanto delle dimore private, quanto delle strade pubbliche. E che business! L’olio lampante era richiestissimo e veniva esportato anche in Inghilterra, in Russia, in Francia, in Germania. Le navi cariche di olio, per quanto riguarda la Puglia, partivano dal porto di Gallipoli, dove oggi potete visitare anche un museo dedicato proprio all’Olio Lampante. Sfortunatamente, oggigiorno esiste ancora l’olio lampante, ed alcuni produttori cercano di correggerlo chimicamente e poi di mischiarlo con altro olio, per poi venderlo come olio di buona qualità. Leggete sempre bene le etichette ed affidatevi a venditori e produttori seri!

Infine, una piccola curiosità sui frantoi

La cultura popolare è abitata da storie e personaggi spesso frutto della fantasia collettiva. I personaggi del quali vogliamo raccontarvi ora si chiamavano scazzamurrieddhu. E chi erano? Erano folletti che, stando alla credenza popolare, abitavano i frantoi abbandonati. Non è infrequente, infatti, quando fuori fa molto freddo, veder sbuffare del vapore acqueo dagli imbocchi dei frantoi, in virtù di un semplice fenomeno di differenza di temperatura, giacchè sotto è più caldo. Che fossero forse dei folletti che si stavano accendendo un fuoco? Sembra proprio di sì….


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Ilaria Scremin