leggenda del malladrone, gallipoli - Laterradipuglia.it

La regione Puglia è popolata da un fitto nugolo di personaggi, fantasmi e figure immaginarie al limite tra sacro e profano e tra il sogno e la realtà. Le loro storie riescono inesorabilmente a darci la misura del substrato culturale del quale la regione che conosciamo oggi è il frutto più maturo: un groviglio di superstizioni e credenze miste a paura e soggezione nei confronti ora di madre natura, con le sue intemperie capaci di punire e di portare sino alla privazione, ora del buon Dio, attento osservatore e spesso giudice imparziale delle vicende umane. E’ in questo contesto che si inserisce la leggenda della Malombra, della quale abbiamo parlato tempo fa, ed è sempre da qui che prende le mosse, quasi fosse un pupo del teatro delle marionette, il Malladrone gallipolino. Ma chi era costui? E perchè ci guarda in modo beffardo e sornione dall’alto della chiesa che oggi tutti chiamano appunto “del Malladrone”? Conosciamolo più da vicino, a beneficio del turista che, transitando in quel di Gallipoli, voglia farne la conoscenza.

La chiesa del Malladrone

La chiesa che ospita questo personaggio dalla dubbia rettitudine che oggi appunto è comunemente chiamata “del Malladrone” è, di fatto, una chiesa che, ancora secondo leggenda, fu voluta addirittura da San Francesco in persona. La chiesa risale dunque al 1217 ma non è del tutto medioevale. Come sempre accade, l’edificio ha subito una serie di rimaneggiamenti nel tempo, motivo per cui, oltre alla bellissima facciata in carparo (una pietra naturale “cugina” della più nota pietra leccese, ma molto meno friabile) è possibile ammirare, all’interno, tre navate corredate da ben 10 altari decorati in stile barocco. All’interno, spicca anche un presepe in pietra del Seicento (ricordate che abbiamo avuto già modo di parlare dei presepi in pietra leccese e dell’arte di Nuzzo Barba?), dei bellissimi stucchi settecenteschi e una tela raffigurante proprio San Francesco.

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Chi è il Malladrone?

In mezzo a cotanta raffinatezza artistica e spiritualità, insomma, proprio nel cuore della chiesa che secondo vox populi porta il suo nome, spicca lui, il Malladrone. Malladrone deriva da Mal Ladrone, ovvero ladrone cattivo (malo=cattivo in spagnolo). Si tratta di una statua in legno che osserva con fare irriverente e beffardo il visitatore ed il fedele che si accinga a metter piede in chiesa. Qualcuno ha detto che egli sarebbe il capostipite dei gallipolini. Davanti a lui, in chiesa, il Disma, ovvero il Buon Ladrone (o ladrone penitente), ed accanto a lui il Cristo. E’ in buona compagnia, il Malladrone, e dall’alto della sua croce lignea sogghigna in modo poco rassicurante. Si pensi che Gabriele D’Annunzio, giunto in quel di Gallipoli, rimase così pietrificato dinanzi il Malladrone, che lo descrisse come una statua “dall’orrida bellezza”.

Secondo i gallipolini, le vesti indossate dal Malladrone si logorano e deteriorano ogni notte, letteralmente “divorate” dagli innumerevoli peccati commessi dall’inquietante personaggio, dei quali giudicare dalla leggenda popolare e dal suo sguardo minaccioso, egli non si è mai pentito. Si pensi che le vesti si logorano a tal punto che ogni anno sono oggetto di interventi di restauro, e che nel 2017 un braccio della statua si è addirittura staccato dal resto della struttura, con enorme spavento delle anziane ed assidue frequentatrici della chiesa. Salsedine? Maledizione? Dirlo non è certo facile. Dipende anche da voi, in fondo.

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E non solo: un’altra leggenda riporta che i denti della statua sarebbero denti umani. C’è chi dice che sarebbero di un condannato a morte; altri ritengono che possano essere i denti dell’artista che scolpì la statua, tale Vespasiano Genuino.

L’ultima leggenda sul Misma (contrapposto al Disma), narra che egli si aggirava di notte, un tempo, con l’intento di spaventare a morte i ritardatari. Non si dimentichi che la città vecchia era collegata alla terraferma con un ponte levatoio che a una certa ora veniva alzato. I ritardatari che non facevano in tempo a varcare il breve tratto di mare che separava le due città dunque finivano col trascorrere la nottata all’addiaccio. Insomma, tardare non solo significava rischiare di dormire fuori casa, ma anche di incontrare l’inquietante ladrone sul proprio cammino. Non vi resta che organizzarvi per andare a fagli visita.

 


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Ilaria Scremin